Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   (C.F.
80188230587)  rappresentato  e  difeso  per   legge   dall'Avvocatura
Generale        dello        Stato         (C.F.         80224030587)
ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it;  fax  06/96514000  presso  i  cui
uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12; 
    Contro La Regione Autonoma della Sardegna, (C.F. 80002870923)  in
persona del Presidente della Giunta pro tempore; 
    Per la declaratoria di incostituzionalita' degli artt.  3,  comma
1, 17 comma 9, 18 commi 20 e 23 lett. c), 20 e 21 della  legge  della
Regione Sardegna n. 12 del 30 giugno 2011, pubblicata nel  B.U.R.  n.
20 del 5 luglio  2011,  avente  ad  oggetto  «Disposizioni  nei  vari
settori d'intervento», in relazione agli artt. 3, 4,  5  e  56  della
legge costituzionale n. 3 del  26  febbraio  1948  (Statuto  speciale
della Regione Sardegna), nonche' in relazione all'artt. 3, 97 e  117,
comma secondo, lett. e), l) s) e comma terzo Cost. 
    1) La disposizione contenuta nell'articolo 3, comma 1 prevede che
«Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 8 dello  Statuto  speciale,
cosi' come sostituito dal comma 834 dell'articolo 1  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2006), ancorche' in  assenza
dell'adeguamento delle relative  norme  di  attuazione,  a  decorrere
dall'anno 2010, gli accertamenti delle compartecipazioni regionali ai
tributi erariali sono effettuati anche sulla  base  degli  indicatori
disponibili relativi ai gettiti tributari». 
    Tale norma disciplina unilateralmente con legge regionale aspetti
demandati a norme di attuazione dello Statuto speciale di  autonomia,
consentendo  di   derogare   alle   vigenti   norme   di   attuazione
dell'articolo 8 dello Statuto Speciale di autonomia, contenute  negli
articoli da 32 a 38 del d.P.R. n. 250/1949. 
    La richiamata norma  regionale  eccede  quindi  dalle  competenze
statutarie di cui agli articoli 4  e  5  dello  Statuto  speciale  di
autonomia (I.e. n.  3/1948),  ponendosi  altresi'  in  contrasto  con
l'articolo 56 del medesimo  Statuto  speciale,  che  demanda  ad  una
Commissione  paritetica  composta  da  membri  statali  e  regionali,
l'elaborazione delle norme di attuazione dello Statuto. 
    La particolare procedura prevista da una  disposizione  di  rango
costituzionale quale il citato art. 56 dello Statuto rende  le  norme
di attuazione derogabili solo da fonti pari ordinate adottate con  la
medesima procedura. 
    Codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte  affermato  che  le  norme  di
attuazione degli Statuti Speciali «sono dotate di forza prevalente su
quella delle leggi ordinarie (sentenze nn. 213/1998, 160 del  1985  e
151 del 1972)» e che «i decreti legislativi di attuazione statutaria,
preceduti dalle proposte o dai  pareri  delle  ricordate  commissioni
paritetiche, sono espressione di una competenza separata e riservata»
(sent. n. 180/1980). 
    2) La disposizione contenuta nell'art. 17, comma 9 della legge in
esame prevede che, ai sensi dell'articolo 6,  comma  9,  del  decreto
legislativo  3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione   della   direttiva
2009/28/CE  sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti
rinnovabili), l'installazione e esercizio di impianti di  generazione
elettrica alimentati da biogas e biometano,  sono  assoggettati  alla
procedura abilitativa semplificata  solo  per  alcuni  soggetti,  ivi
indicati. Tale disposizione regionale contrasta con  quanto  previsto
dall'art. 6 del  d.lgs.  n.  28/2011,  il  quale  prescrive  che  per
l'accesso alla procedura semplificata l'impianto non debba avere  una
potenza massima superiore ad a 1  MW,  senza  prevedere  tuttavia  la
possibilita' di usufruire della  procedura  abilitativa  semplificata
solo per determinati soggetti. 
    Inoltre, sempre l'art. 6, comma 9, d.lgs. 28/2011 dispone che «Le
Regioni e  le  Province  autonome  possono  estendere  la  soglia  di
applicazione della procedura di cui  al  comma  1  agli  impianti  di
potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresi' i casi in
cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o  paesaggistiche  di
competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione  e
l'esercizio dell'impianto e delle opere  connesse  sono  assoggettate
all'autorizzazione unica di cui all'articolo 5». 
    Risulta chiaro, pero', che la  disciplina  nazionale  prevede  un
criterio di differenziazione delle procedure  amministrative  fondato
sulla  diversa  configurazione  dell'impianto,   non   del   soggetto
richiedente l'autorizzazione stessa. 
    A tal  fine,  la  differenziazione  tra  procedure  autorizzative
maggiormente gravose si legittima in  ragione  della  tipologia  piu'
complessa dell'impianto, come stabilito dall'art. 12  del  d.lgs.  n.
387/2003, dagli artt. 4 e ss. del d.lgs. 28/2011 e dalle linee  guida
di cui al D.M. 10 settembre 2010. 
    E'  opportuno  premettere  che  la  Regione  Sardegna,  ai  sensi
dell'art. 4 primo comma lett.  e)  dello  Statuto  di  autonomia.  ha
competenza concorrente in  materia  di  «produzione  e  distribuzione
dell'energia elettrica». Per tali motivi, il  legislatore  regionale,
prevedendo all'art. 17 comma  9  disposizioni  in  contrasto  con  la
normativa statale di riferimento,  eccede  dalla  propria  competenza
statutaria di cui al citato art. 4  dello  Statuto  di  autonomia  ed
invade la competenza esclusiva dello  Stato  in  materia  di  «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema» di cui all'art. 117, comma  2  lett.
s) della Costituzione in  quanto,  come  ampiamente  riconosciuto  da
codesta Ecc.ma  Corte,  la  promozione  e  lo  sviluppo  delle  fonti
energetiche alternative rientra nella materia predetta. 
    3) La norma contenuta nell'articolo 18, comma 20, prevede che " i
soggetti di cui all'articolo 10 del decreto  legislativo  4  dicembre
1997, n. 460 (Riordino della disciplina  tributaria  degli  enti  non
commerciali  e  delle  organizzazioni  non  lucrative   di   utilita'
sociale),  che  intendono  accedere  all'esenzione  IRAP   ai   sensi
dell'articolo 17, comma 5, della legge regionale 29 aprile 2003, n. 3
(legge  finanziaria  2003),  trasmettono  alla   direzione   generale
dell'Assessorato regionale della programmazione, bilancio, credito  e
assetto del territorio, entro i termini previsti per la presentazione
della dichiarazione dei  redditi,  una  comunicazione  con  la  quale
attestano di avere diritto  all'esenzione.  La  mancata  trasmissione
della comunicazione entro i termini previsti  comporta  la  decadenza
dall'esenzione». 
    Tale previsione  e'  particolarmente  restrittiva  nei  confronti
delle ONLUS della  Sardegna  ammesse  a  fruire  dell'esenzione  IRAP
prevista dall'articolo 17 comma 5 della l.r. 3/2003, in quanto appare
oltremodo eccessivo e in contrasto con la normativa statale prevedere
la decadenza dall'esenzione in  caso  di  mancata  comunicazione  che
attesti il diritto a fruire di tale agevolazione. 
    La  disposizione  in  esame  impone  a  carico  delle  Onlus   un
adempimento ulteriore rispetto a quello stabilito dalle norme statali
che disciplinano la materia. Infatti in base all'articolo 11, comma 2
del d.lgs n. 460/1997 i soggetti che intraprendono l'esercizio  delle
attivita' previste all'art. 10 devono  effettuare  una  comunicazione
all'Agenzia delle Entrate ai fini dell'iscrizione all'anagrafe  delle
Onlus di cui al comma 1 dello stesso articolo. 
    Tale comunicazione e' condizione necessaria per beneficiare delle
agevolazioni  previste  dal  decreto   legislativo,   appare   quindi
sufficiente, per  il  raggiungimento  degli  scopi  perseguiti  dalla
regione, la mera verifica dell'iscrizione  della  Onlus  alla  citata
anagrafe invece che condizionare il riconoscimento  dell'agevolazione
in   questione   alla   presentazione   di   un'ulteriore   specifica
comunicazione non prevista dalla normativa statale. 
    Si ricorda infatti che il successivo  articolo  21  del  medesimo
d.lgs. n. 460/1997 riconosce ai comuni, alle province,  alle  regioni
ed alle Province autonome di Trento  e  Bolzano  la  possibilita'  di
deliberare nei confronti delle Onlus «la riduzione o l'esenzione  dal
pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti»,
ma non consente a detti  enti  di  introdurre  specifici  obblighi  a
carico dei contribuenti che si pongono in  aperto  contrasto  con  il
principio generale dell'ordinamento tributario di cui all'articolo 6,
comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212,  in  base  al  quale  al
contribuente non possono essere richiesti documenti  ed  informazioni
gia'  in  possesso  dell'amministrazione  finanziaria  o   di   altre
pubbliche amministrazioni. La norma  regionale  quindi  eccede  dalle
competenze statutarie e, ponendosi in contrasto con le  citate  norme
statali, viola la competenza legislativa dello Stato  in  materia  di
sistema tributario, di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  e)
Cost. 
    4) L'articolo 18, comma 23, lett. c) della legge  regionale,  che
sostituisce l'articolo 6 della l.r. n. 6  del  2008  prevede  che  «i
consorzi di bonifica possono realizzare e  gestire  gli  impianti  di
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili anche in  deroga
al limite  dell'autoconsumo».  Tale  disposizione  contrasta  con  la
normativa nazionale di cui all'art. 2 comma 2  del  d.lgs.  16  marzo
1999, n. 79, la quale prevede che  l«'Autoproduttore  e'  la  persona
fisica o giuridica che produce energia elettrica  e  la  utilizza  in
misura non inferiore al 70% annuo per  uso  proprio  ovvero  per  uso
delle societa'  controllate,  della  societa'  controllante  e  delle
societa' controllate dalla medesima controllante, nonche' per uso dei
soci  delle  societa'  cooperative  di  produzione  e   distribuzione
dell'energia elettrica». 
    La disposizione regionale in questione, al fine di far fronte  ad
esigenze di soddisfazione del bisogno energetico del servizio idrico,
consente infatti al Consorzio di bonifica, una deroga, non consentita
dalla disciplina statale, al  limite  dell'autoconsumo,  strettamente
connesso  all'autoproduzione  di  energia.  Per   tali   motivi,   il
legislatore regionale, prevedendo disposizioni in  contrasto  con  la
normativa statale di riferimento,  eccede  dalla  propria  competenza
statutaria di cui all' art. 4 dello Statuto di autonomia  in  materia
di  produzione  e  distribuzione  dell'energia  elettrica,  il  quale
prevede che la regione emana norme legislative nella materia predetta
nei limiti dei principi posti dalle leggi dello Stato. 
    La norma in esame invade, altresi', la competenza esclusiva dello
Stato in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»  di  cui
all'art. 117, comma 2 lett. s) della  Costituzione  in  quanto,  come
ampiamente riconosciuto dalla Corte Costituzionali, la  promozione  e
lo sviluppo delle fonti energetiche alternative rientra nella materia
predetta. 
    5)  Gli  artt.  20  e  21  della   legge   in   esame   prevedono
un'interpretazione dell'art. 11, commi 2 e 3 della l.r.  n.3/2009  ed
un'interpretazione autentica  dell'art.  3  l.r.  3/2009  cosi'  come
modificato dall'art. 7, comma 1 della L.r. 1/2011. 
    Va, innanzitutto, premesso che sia la l.r.  3/2009  che  la  l.r.
1/2011 sono state oggetto  d'impugnativa  da  parte  del  Governo  in
relazione a norme analoghe alla legge in esame. 
    In particolare, l'art. 20, primo comma, della legge in esame, nel
procedere all'interpretazione autentica dell'art. 3 della L.r. 3  del
2009 cosi' come modificato dall'art. 7 della l.r. 1 del 2011, prevede
che  l'Amministrazione  regionale  sia   autorizzata   a   finanziare
programmi pluriennali di stabilizzazione dei lavoratori precari delle
amministrazioni locali i quali prevedono l'assunzione a  tempo  pieno
ed  indeterminato  dei  lavoratori  stessi,  previo  superamento   di
specifica selezione concorsuale  -  funzionale  alla  verifica  della
idoneita' all'espletamento delle mansioni di servizio della qualifica
di inquadramento. 
    Tali  programmi,  costituiti  da  una  graduatoria   di   merito,
prescrivono l'assorbimento degli idonei  entro  un  triennio  e  sono
attuati dagli enti locali interessati  avuto  riguardo  al  personale
precario che, entro la data di entrata in vigore  della  disposizione
interpretativa abbia maturato almeno trenta mesi  di  servizio  nelle
pubbliche amministrazioni locali, anche non continuativi. 
    La disposizione in  esame,  pur  a  seguito  dell'interpretazione
autentica in esame, continua  a  presentare  i  medesimi  profili  di
illegittimita' gia' impugnati nelle precedenti leggi regionali 3/2009
e 1/2011. 
    In particolare, la previsione  di  un  programma  pluriennale  di
stabilizzazione dei lavoratori contrasta con l'art. 17 commi 10 e  12
del d.l. 78/2009 convertito con modificazioni dalla l.n. n. 102/2009,
il quale non consente una generica stabilizzazione del personale. 
    La disposizione  statale  richiamata  dispone  infatti  che,  nel
triennio 2010- 2012, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della
programmazione  triennale  del   fabbisogno   nonche'   dei   vincoli
finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di  assunzioni
e di contenimento della spesa di personale, possono bandire  concorsi
per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non
superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso. 
    Per tali motivi, il legislatore regionale, prevedendo all'art. 20
disposizioni in contrasto con l'art. 17,  commi  10  e  12  del  d.l.
n.78/2009, eccede dalla propria competenza statutaria di cui all'art.
3 dello Statuto di autonomia ed invade la competenza esclusiva  dello
Stato in materia di ordinamento civile di cui all'art. 117,  comma  2
lett. 1) della Costituzione e l'art. 117,  comma  3,  in  materia  di
coordinamento  della  finanza  pubblica.  Inoltre,  la   disposizione
regionale nel consentire lo stabile inserimento  dei  lavoratori  nei
ruoli delle amministrazioni pubbliche regionali,  previo  superamento
di  una  generica  procedura  selettiva,  viola   l'art.   97   della
Costituzione,  il  quale  prevede  il  concorso  quale  modalita'  di
reclutamento del personale. (Cfr. Sent. c.c. n. 235/2010). 
    L'art. 20, secondo comma, modifica poi, il comma  1-quater  della
l.r. 1/2011, e dispone che al personale di cui  al  comma  1  ter  il
quale svolga o abbia svolto il  proprio  servizio  come  ultima  sede
nell'ente locale proponente il programma,  sono  attribuiti,  in  via
prevalente, l'esercizio di funzioni  e  compiti  relativi  a  materie
delegate o  trasferite  dalla  Regione  al  sistema  delle  autonomie
locali. 
    E' stato eliminato  rispetto  al  precedente  comma  1-quater  il
riferimento all'art. 14, comma 24 bis del  decreto  legge  31  maggio
2010, n. 78, ma e' prevista tuttora una deroga  ai  limiti  posti  in
materia di spesa e di organici per le assunzioni negli enti locali. 
    Anche la disposizione regionale in esame,  seppur  novellata,  si
pone in contrasto con l'art. 17, commi 10 e 12, del d.l. n.  78/2009,
convertito con modificazioni dalla legge n. 102/2009. 
    Inoltre, i commi novellati  si  pongono  in  contrasto  pure  con
l'art.  14,  comma  9,  del  d.l.   n.   78/2010,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 122/2010 che  fissa,  a  decorrere  dal
gennaio 2011, il limite  percentuale  di  assunzioni,  rispetto  alle
cessazioni di personale verificatesi nel 2010. 
    Sul  punto  e'  opportuno  segnalare  la  Sentenza  della   Corte
costituzionale  n.   235/2010,   la   quale,   pronunciandosi   sulla
costituzionalita'  della  legge  regionale  Sardegna   n.3/2009,   ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle norme in materia  di
finanziamento  di  programmi  pluriennali  di   stabilizzazione   del
personale dei lavoratori precari. 
    Codesta Ecc.ma Corte in quella  occasione  ha  stabilito  che  il
finanziamento da parte della Regione di programmi di  stabilizzazione
del personale, prescindendo dall'espletamento di concorsi, si pone in
aperto contrasto con l'art. 97 Cost., che impone  il  concorso  quale
modalita'   di   reclutamento   del   personale    delle    pubbliche
amministrazioni e che consente deroghe a tale principio solo  qualora
ricorrano esigenze  particolari  e  sia  adeguatamente  garantita  la
professionalita' dei prescelti. 
    Codesta Ecc.ma Corte, d'altronde, ha gia' avuto modo di affermare
che l'aver prestato «attivita' a tempo  determinato  alle  dipendenze
dell'amministrazione regionale non puo' essere considerato ex se,  ed
in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni,  un  valido
presupposto per una riserva di posti» (Sentenza n. 205 del  2006);  e
che «il previo superamento di  una  qualsiasi  «selezione  pubblica»,
presso qualsiasi «ente pubblico», e' requisito  troppo  generico  per
autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso, perche' la
norma  non  garantisce  che  la  previa   selezione   avesse   natura
concorsuale e fosse  riferita  alla  tipologia  e  al  livello  delle
funzioni che il personale successivamente stabilizzato e' chiamato  a
svolgere» (sentenza n. 293 del 2009). 
    La disposizione contenuta nell'art. 21 rubricato «superamento del
precariato» prevede che «al fine di promuovere opportunita' di lavoro
stabile in favore dei  lavoratori  socialmente  utili  ai  sensi  del
decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (Integrazioni e modifiche
della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma  dell'articolo
45, comma 2, della L. 17 maggio 1999, n. 144),  ancora  impegnati  in
attivita' socialmente utili, l'Amministrazione regionale,  attraverso
l'Assessorato competente in  materia  di  lavoro,  e'  autorizzata  a
predisporre, entro  sessanta  giorni  dall'entrata  in  vigore  della
presente legge, uno specifico programma nell'ambito del  quale  siano
previste le misure da adottarsi». 
    Tale programma tiene conto dell'attuale collocazione territoriale
dei lavoratori  interessati,  avuto  prioritariamente  riguardo  agli
attuali enti utilizzatori che  possono,  secondo  le  vigenti  norme,
continuare ad avvalersi delle  maestranze  stabilizzate  senza  costi
aggiuntivi a carico del loro bilancio. 
    Quest'ultima disposizione, nel riservare totalmente  i  posti  da
ricoprire a personale interno, si pone in  contrasto  con  l'articolo
12, comma 4, del  d.lgs.  n.  468/1997  laddove  si  prevede  che  ai
lavoratori socialmente utili, gli enti pubblici possano riservare una
quota del 30% dei posti da ricoprire, mediante procedura selettiva. 
    Inoltre,  codesta  Ecc.ma  Corte  con  sentenza  n.  274/2003  ha
dichiarato illegittimo l'articolo 3 della l.r. Sardegna  n.  11/2002,
nella parte in cui prevedeva  l'immissione  nei  ruoli  organici  dei
soggetti addetti ai lavori socialmente utili, destinando agli  stessi
il 50% dei posti vacanti per i quali si  sarebbero  dovuti  espletare
concorsi non riservati. 
    Tali disposizioni, ponendosi in contrasto  con  il  principio  di
ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione, violano gli articoli 3 e 97 della  Costituzione,  in
quanto la regola del pubblico concorso, che come piu' volte  ribadito
dalla stessa Corte costituzionale, e' un  principio  dell'ordinamento
giuridico della Repubblica che esula dalla rigida ripartizione  delle
competenze legislative tra Stato e  Regione  e  al  quale,  anche  il
legislatore regionale deve uniformarsi.